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16 aprile 2024
DEF: spesa sanitaria in calo nel 2023, per il 2024 l’aumento è illusorio. Scende il rapporto spesa sanitaria/Pil: 6,3% nel 2025-2026 e poi 6,2%, sotto il livello pre-Pandemia. Investimenti inadeguati in sanità: Italia ultima tra i paesi del G7, a rischio diritto alla tutela della salute

Lo scorso 9 aprile il Consiglio dei Ministri ha approvato il Documento di Economia e Finanza (DEF) 2024 in forma “semplificata”, ovvero con le sole stime tendenziali calcolate sulle norme in vigore, e senza stime programmatiche che rimangono in attesa del nuovo Patto di Stabilità.

«Rispetto alle previsioni di spesa sanitaria sino al 2027 – afferma Nino Cartabellotta Presidente della Fondazione GIMBE – il DEF 2024 certifica l’assenza di un cambio di rotta e ignora il pessimo “stato di salute” del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), i cui princìpi fondamentali di universalità, uguaglianza ed equità sono stati traditi, con conseguenze che condizionano la vita delle persone, in particolare delle fasce socio-economiche più deboli e delle persone residenti nel Mezzogiorno. Dai lunghissimi tempi di attesa all’affollamento inaccettabile dei pronto soccorso; dalle diseguaglianze regionali e locali nell’offerta di prestazioni sanitarie alla migrazione sanitaria dal Sud al Nord; dall’aumento della spesa privata all’impoverimento delle famiglie sino alla rinuncia alle cure».

Relativamente alla spesa sanitaria vengono di seguito riportate le analisi indipendenti della Fondazione GIMBE sul consuntivo 2023 e sulle stime per l’anno 2024 e per il triennio 2025-2027 (Tabella).

Consuntivo 2023. Il DEF 2024 certifica per l’anno 2023 un rapporto spesa sanitaria/PIL del 6,3% e, in termini assoluti, una spesa sanitaria di € 131.103 milioni, oltre € 3.600 milioni in meno rispetto a quanto previsto dalla NaDEF 2023 (€ 134.734 milioni). «Tale riduzione di spesa – spiega il Presidente – consegue in larga misura al mancato perfezionamento del rinnovo dei contratti del personale dirigente e convenzionato per il triennio 2019-2021, i cui oneri non sono stati inputati nel 2023 e spostati al 2024. In misura minore hanno inciso le spese per contrastare la pandemia, che sono state inferiori al previsto». Rispetto al 2022 la spesa sanitaria nel 2023 si è ridotta dal 6,7% al 6,3% del PIL e di € 555 milioni in termini assoluti. «Questo primo dato – commenta Cartabellotta – certifica che il 2023 è stato segnato da un netto definanziamento in termini di rapporto spesa sanitaria/PIL (-0,4%), facendo addirittura segnare un valore negativo della spesa sanitaria, il cui potere d’acquisto è stato anche ridotto da un’inflazione che nel 2023 ha raggiunto il 5,7% su base annua».

Previsionale 2024. Il rapporto spesa sanitaria/PIL nel 2024 sale al 6,4% rispetto al 6,3% del 2023; in termini assoluti la previsione di spesa sanitaria è di € 138.776 milioni, ovvero € 7.657 milioni in più rispetto al 2023 (+5,8%). «In realtà – precisa Cartabellotta – l’altisonante incremento di oltre € 7,6 miliardi stimato per il 2024 è illusorio: infatti, in parte è dovuto al un mero spostamento al 2024 della spesa prevista nel 2023 per i rinnovi contrattuali 2019-2021, in parte agli oneri correlati al personale sanitario dipendente per il triennio 2022-2024 e, addirittura, all’anticipo del rinnovo per il triennio 2025-2027. Una previsione poco comprensibile, visto che la Legge di Bilancio 2024 non ha affatto stanziato le risorse per questi due capitoli di spesa». Senza considerare, peraltro, l’erosione del potere di acquisto, visto che secondo l’ISTAT ad oggi l’inflazione si attesta su base annua a +1,3%.

Previsionale 2025-2027. Nel triennio 2025-2027, a fronte di una crescita media annua del PIL nominale del 3,1%, il DEF 2024 stima al 2% la crescita media annua della spesa sanitaria. Il rapporto spesa sanitaria/PIL si riduce dal 6,4% del 2024 al 6,3% nel 2025-2026, al 6,2% nel 2027. Rispetto al 2024, in termini assoluti la spesa sanitaria nel 2025 sale a € 141.814 milioni (+2,2%), a € 144.760 milioni (+2,1%) nel 2026 e a € 147.420 milioni (+1,8%) nel 2027. «Considerato che il DEF in forma “semplificata” non contiene indicazioni sulle politiche economiche per la prossima Legge di Bilancio – commenta il Presidente – se da un lato le previsioni sul triennio 2025-2027 confermano il progressivo calo del rapporto spesa sanitaria/PIL, dall’altro non si possono escludere ulteriori riduzioni della spesa sanitaria visti i margini molto risicati per finanziare in deficit la prossima Manovra. In tal senso rimangono molto azzardate le stime assolute di € 6.414 milioni in più nel 2025 e di € 9.160 milioni nel 2026, tenendo conto che il Fabbisogno Sanitario Nazionale fissato dalla Legge di Bilancio 2024 è pari a € 135.400 milioni per il 2025 e € 135.600 milioni per il 2026».

Peraltro, in assenza di misure programmatiche nel DEF 2024, aggiunge il Presidente «bisognerà capire dove reperire le risorse sia per abolire gradualmente il tetto di spesa per il personale sanitario – come annunciato dal Presidente Meloni e del Ministro Schillaci – sia da destinare alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e di protesica, visto che l’aggiornamento dei nomenclatori tariffari è stato rinviato in accordo con le Regioni al 1° gennaio 2025 per mancanza di fondi, posticipando ancora una volta l’esigibilità dei “nuovi” Livelli Essenziali di Assistenza, ben 8 anni dopo la loro approvazione».

«Il DEF 2024 – chiosa il Presidente – conferma che, in linea con quanto accaduto negli ultimi 15 anni, la sanità pubblica non rappresenta affatto una priorità neppure per l’attuale Governo. In tal senso, la comunicazione pubblica dell’Esecutivo continua a puntare esclusivamente sulla spesa sanitaria in termini assoluti che dal 2012 è (quasi) sempre aumentata rispetto all’anno precedente, e non sul rapporto spesa sanitaria/PIL che documenta al contrario un lento e inesorabile declino, collocando l’Italia prima tra i paesi poveri dell’Europa e ultima del G7 di cui proprio nel 2024 il nostro Paese ha la presidenza».

«Il Piano di Rilancio del SSN elaborato dalla Fondazione GIMBE – conclude Cartabellotta – propone di aumentare progressivamente la spesa sanitaria, con l’obiettivo di allinearla entro il 2030 alla media dei paesi europei, al fine di garantire il rilancio delle politiche del personale sanitario, l’erogazione uniforme dei Livelli Essenziali di Assistenza e l’accesso equo alle innovazioni. Considerato che nel 2022 il gap della spesa sanitaria pro-capite con la media dei paesi europei ha superato in totale i € 47 miliardi, il DEF 2024 non pone affatto le basi per ridurlo progressivamente: anzi, il rapporto spesa sanitaria/PIL scende a 6,3% nel 2025-2026 e al 6,2% nel 2026, valori inferiori al 2019 (6,4%), confermando che la pandemia non ha insegnato proprio nulla. Infatti, il perseverante definanziamento pubblico aumenterà la distanza con i paesi europei e affonderà definitivamente il SSN, compromettendo il diritto costituzionale alla tutela della salute delle persone, in particolare per le classi meno abbienti e per i residenti nelle Regioni del Sud».


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9 aprile 2024
Spesa sanitaria delle famiglie nel 2022: spesi € 64 in più rispetto all’anno precedente e oltre € 100 al centro-sud. 4,2 milioni di famiglie hanno limitato le spese per la salute, in particolare al Sud. Oltre 1,9 milioni di persone hanno rinunciato a prestazioni sanitarie per ragioni economiche. A rischio la salute di oltre 2,1 milioni di famiglie indigenti

Nel 2022 la spesa sanitaria out-of-pocket, ovvero quella sostenuta direttamente dalle famiglie, ammonta a quasi € 37 miliardi: in quell’anno oltre 25,2 milioni di famiglie italiane in media hanno speso per la salute € 1.362, oltre € 64 euro in più rispetto al 2021. «Considerato il rilevante impatto sui bilanci familiari della spesa sanitaria out-of-pocket – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – e tenuto conto di un contesto caratterizzato dalla grave crisi di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e dall’aumento della povertà assoluta, abbiamo analizzato vari indicatori per misurare le dimensioni di questo preoccupante fenomeno, utilizzando esclusivamente i dati pubblicati da ISTAT. L’obiettivo è quello di fornire una base oggettiva per il dibattito pubblico e le decisioni politiche, oltre che prevenire strumentalizzazioni basate sull’enfasi posta su singoli dati».

Spesa sanitaria out-of-pocket. Secondo il sistema dei conti ISTAT-SHA, nel 2022 (ultimo anno disponibile) la spesa sanitaria totale in Italia ammonta a € 171.867 milioni: € 130.364 milioni di spesa pubblica (75,9%) e € 41.503 milioni di spesa privata, di cui € 36.835 milioni (21,4%) out-of-pocket e € 4.668 milioni (2,7%) intermediata da fondi sanitari e assicurazioni (figura 1). «Se da un lato la spesa out-of-pocket supera la soglia del 15% – commenta il Presidente – concretizzando di fatto, secondo i parametri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, un sistema sanitario misto, va rilevato che quasi l’89% della spesa privata è a carico delle famiglie». Complessivamente, nel periodo 2012-2022 la spesa out-of-pocket è aumentata in media dell’1,6% annuo, per un totale di € 5.326 milioni in 10 anni (figura 2). «Un dato – spiega il Presidente – che documenta solo in parte l’impatto del progressivo indebolimento del SSN, perché non tiene conto di altri indicatori. Infatti, la limitazione delle spese per la salute, l’indisponibilità economica temporanea e, soprattutto, la rinuncia alle cure sono fenomeni che, pur non aumentando la spesa out-of-pocket, contribuiscono a peggiorare la salute delle persone».

Impatto della spesa per la salute sulle famiglie. Secondo l’indagine ISTAT sui consumi delle famiglie, nel 2022 la media nazionale delle spese per la salute è pari a € 1.362,24 a famiglia, in aumento rispetto ai € 1.298,04 del 2021. «Ad eccezione del Nord-Ovest – spiega il Presidente – dove si registra una lieve riduzione, l’aumento delle spese per la salute nel 2022 riguarda tutte le macro-aree del Paese: in particolare al Centro e al Sud si registrano aumenti di oltre € 100 a famiglia» (tabella 1). I dati regionali restituiscono, invece, un quadro molto eterogeneo. In dettaglio, dal 2021 al 2022 i maggiori incrementi si rilevano in Puglia con +26,1% (€ 910,20 vs € 1.147,80) e in Toscana con +19,3% (€ 1.178,40 vs € 1.405,92). Altre Regioni, invece, hanno registrato una diminuzione dal 2021 al 2022: la Valle d’Aosta del 24,3% (€ 1.834,08 vs € 1.387,56) e la Calabria che segna un -15,3% (€ 1.060,92 vs € 899,04) (tabella 2). «L’interpretazione dei dati regionali – spiega Cartabellotta – non è univoca perché la spesa delle famiglie per la salute è influenzata da numerose variabili: la qualità e l’accessibilità dei servizi sanitari pubblici, la capacità di spesa delle famiglie, il consumismo sanitario e, in misura minore, l’eventuale rimborso della spesa da parte di assicurazioni e fondi sanitari». Ad esempio, il fatto che nel 2022 la spesa per la salute delle famiglie calabresi e marchigiane rimanga al di sotto di € 1.000 è verosimilmente imputabile a motivazioni differenti. Analogamente, nelle prime posizioni per spesa delle famiglie si collocano le Regioni più ricche e/o con più elevata qualità dei servizi sanitari, documentando, aggiunge il Presidente «che la spesa out-of-pocket non è un indicatore affidabile per valutare la riduzione delle tutele pubbliche; di conseguenza, lasciare che il dibattito pubblico si concentri solo su questo dato restituisce un quadro distorto della realtà, sia perché alcune famiglie spendono per servizi e prestazioni inutili, sia perché altre non riescono a spendere per bisogni reali di salute a causa di difficoltà economiche».

Limitazione delle spese per la salute. Secondo i dati ISTAT sul cambiamento delle abitudini di spesa nel 2022 il 16,7% delle famiglie dichiarano di avere limitato la spesa per visite mediche e accertamenti periodici preventivi in quantità e/o qualità. Se il Nord-Est (10,6%), il Nord-Ovest (12,8%) e il Centro (14,6%) si trovano sotto la media nazionale, tutto il Mezzogiorno si colloca al di sopra: di poco le Isole (18,5%), di oltre 10 punti percentuali il Sud (28,7%), in pratica più di 1 famiglia su 4 (figura 3).  «Un cambiamento nelle abitudini di spesa – commenta Cartabellotta – che ovviamente argina la spesa out-of-pocket: infatti, proiettando sulla popolazione i dati dell’indagine campionaria ISTAT, sarebbero oltre 4,2 milioni le famiglie che nel 2022 hanno limitato le spesa per la salute».

Indisponibilità economiche temporanee delle spese per la salute. Risultati sovrapponibili, seppur in percentuali ridotte, vengono restituiti dall’indagine ISTAT sulle condizioni di vita. Il 4,2% delle famiglie dichiara di non disporre di soldi in alcuni periodi dell’anno per far fronte a spese relative alle malattie. Sono al di sotto della media nazionale il Nord-Est (2%), il Centro (3,1%) e il Nord-Ovest (3,2%), mentre il Mezzogiorno si colloca al di sopra della media nazionale: rispettivamente le Isole al 5,3% e il Sud all’8%, un dato quasi doppio rispetto alla media nazionale (figura 4).  «Anche questo fenomeno – spiega il Presidente – contribuisce a contenere la spesa out-of-pocket: infatti, proiettando sulla popolazione i dati dell’indagine campionaria ISTAT, oltre 1 milione di famiglie in alcuni periodi del 2022 non sono riuscite a fronteggiare le spese per la salute per indisponibilità economica».

Rinunce a prestazioni sanitarie. I dati forniti dal Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES) 2022, realizzato in collaborazione tra ISTAT e CNEL documentano che la percentuale di persone che rinunciano a prestazioni sanitarie – dopo i dati drammatici del periodo pandemico (9,6% nel 2020 e 11,1% nel 2021) – nel 2022 si è attestata al 7%, percentuale comunque maggiore a quella pre-pandemica del 2019 (6,3%). Si tratta di oltre 4,13 milioni di persone che, secondo la definizione ISTAT, spiega Cartabellotta «dichiarano di aver rinunciato nell’ultimo anno a visite specialistiche o esami diagnostici pur avendone bisogno, per uno o più motivi: problemi economici (impossibilità di pagare, costo eccessivo), difficoltà di accesso (struttura lontana, mancanza di trasporti, orari scomodi), lunghi tempi di attesa». In particolare, nel 2022 ha rinunciato alle cure per motivi economici il 3,2% della popolazione, ovvero quasi 1,9 milioni di persone. «In ogni caso dal 2018 – commenta Cartabellotta – fatta eccezione per il biennio 2020-2021, la percentuale di persone che hanno rinunciato alle cure rimane sostanzialmente stabile, anche se le motivazioni possono mutare negli anni». La distribuzione per aree geografiche non documenta grandi differenze rispetto alla media nazionale, dimostrando che si tratta di un problema diffuso: Nord-Ovest 7,5%, Nord-Est 6,4%, Centro 7%, Sud 6,2%, Isole 8,5%. Anche a livello regionale le differenze sono modeste, fatta eccezione per i dati estremi non sempre di facile interpretazione: da un lato Sardegna (12,3%) e Piemonte (9,6%), dall’altro la Provincia Autonoma di Bolzano e la Campania (4,7%). (figura 5).

Povertà assoluta. «L’impatto sulla salute individuale e collettiva dell’indebolimento della sanità pubblica – afferma Cartabellotta – non può limitarsi a valutare gli indicatori relativi alla spesa delle famiglie, ma deve anche considerare il livello di povertà assoluta della popolazione». Secondo le statistiche ISTAT sulla povertà, tra il 2021 e il 2022 l’incidenza della povertà assoluta per le famiglie in Italia – ovvero il rapporto tra le famiglie con spesa sotto la soglia di povertà e il totale delle famiglie residenti – è salita dal 7,7% al 8,3%, ovvero quasi 2,1 milioni di famiglie. Il Nord-Est ha registrato l’incremento più significativo, passando dal 7,1% al 7,9%, seguito dal Sud con un aumento dal 10,5% all'11,2% e dalle Isole con un incremento dal 9,2% al 9,8%. Anche se il Nord-Ovest e il Centro hanno registrato un aumento più contenuto (0,4%), il fenomeno della povertà assoluta è diffuso su tutto il territorio nazionale (tabella 3). E le stime preliminari ISTAT per l’anno 2023 documentano un ulteriore incremento della povertà assoluta delle famiglie: dall’8,3% all’8,5%. «È evidente – commenta Cartabellotta – che l’aumento del numero di famiglie che vivono sotto la soglia della povertà assoluta avrà un impatto residuale sulla spesa out-of-pocket, ma aumenterà la rinuncia alle cure, condizionando il peggioramento della salute e la riduzione dell’aspettativa di vita delle persone più povere del Paese».

«Dalle nostre analisi – conclude Cartabellotta – emergono tre considerazioni. Innanzitutto l’entità della spesa out-of-pocket, seppur in lieve e costante aumento, sottostima le mancate tutele pubbliche perché viene arginata da fenomeni conseguenti alle difficoltà economiche delle famiglie: la limitazione delle spese per la salute, l’indisponibilità economica temporanea e la rinuncia alle cure. In secondo luogo, questi fenomeni sono molto più frequenti nelle Regioni del Mezzogiorno, proprio quelle dove l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza è inadeguata: di conseguenza, l’insufficiente offerta pubblica di servizi sanitari associata alla minore capacità di spesa delle famiglie del Sud condiziona negativamente lo stato di salute e l’aspettativa di vita alla nascita, un indicatore che vede tutte le Regioni del Mezzogiorno al di sotto della media nazionale. Infine, lo status di povertà assoluta che coinvolge oggi più di due milioni di famiglie richiede urgenti politiche di contrasto alla povertà, non solo per garantire un tenore di vita dignitoso a tutte le persone, ma anche perché le diseguaglianze sociali nell’accesso alle cure e l’impossibilità di far fronte ai bisogni di salute con risorse proprie rischiano di compromettere la salute e la vita dei più poveri, in particolare nel Mezzogiorno. Dove l’impatto sanitario, economico e sociale senza precedenti rischia di peggiorare ulteriormente con l’autonomia differenziata».


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26 marzo 2024
Indagine GIMBE nelle scuole superiori: un giovane su 3 non conosce il suo medico di famiglia, idee poco chiare su screening oncologici. Il progetto “La Salute tiene banco” guida gli studenti al corretto uso del Servizio Sanitario Nazionale

La battaglia in difesa del diritto costituzionale alla tutela della salute – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – deve coinvolgere anche i più giovani, a partire dall’età scolastica: con il progetto “La Salute tiene banco” intendiamo fornire ai nostri ragazzi gli strumenti indispensabili per crescere quali cittadini consapevoli dei propri diritti e capaci di preservare la propria salute».

«Nel gennaio 2023 la Fondazione GIMBE ha dato il via a questo progetto – spiega Elena Cottafava, Segretaria Generale della Fondazione e responsabile de “La Salute tiene banco” – che mira a diffondere tra i ragazzi l’approccio globale alla salute, a migliorare l’alfabetizzazione sanitaria, a fornire gli strumenti per contrastare le fake news sulla salute e conoscere ed utilizzare in maniera consapevole il Servizio Sanitario Nazionale». Ad oggi hanno partecipato agli incontri oltre mille studenti e studentesse degli istituti superiori di Bologna che, mediante quiz interattivi, hanno risposto a domande sul funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale, oltre che sulle attività di prevenzione e sulle prestazioni garantite alla popolazione, al fine di disporre di dati oggettivi su quanto i giovani conoscano realmente la sanità pubblica.

Metodi. Nel periodo febbraio 2023-febbraio 2024 si sono tenuti 8 incontri che hanno coinvolto 775 studenti degli ultimi anni delle scuole superiori. Durante gli incontri tramite la piattaforma Mentimeter è stata condotta una survey di 10 domande, alla quale hanno risposto un numero di studenti compreso tra 229 e 400 (margine di errore compreso tra +/-3,4% e +/-5,4%).

Risultati. Si riportano di seguito le risposte più significative, rimandando all’appendice per il report completo della survey.

  • Quali sono i protagonisti della salute? Nell’89,2% dei casi gli studenti hanno correttamente individuato che i protagonisti della salute, secondo la moderna visione One Health, sono uomini, animali e ambiente. «Un dato – commenta Cartabellotta – che dimostra quanto la drammatica esperienza della pandemia COVID-19 abbia sensibilizzato le nuove generazioni all’approccio globale alla salute: dove quella dell’uomo, degli animali e dell’ambiente sono strettamente correlate e interdipendenti».
  • È presente in tutto il mondo un modello di Servizio Sanitario Nazionale analogo al nostro? Per l’87,5% in nessun altro paese del mondo esiste un modello come il nostro Servizio Sanitario Nazionale. «La consapevolezza dei giovani sull’unicità di un modello di SSN basato su princìpi di universalismo, equità e uguaglianza e finanziato con la fiscalità generale – commenta il Presidente – ci fa comprendere quanto questo pilastro della nostra democrazia sia radicato anche nelle menti dei più giovani».
  • Conoscete il vostro Medico di Medicina Generale (MMG)? Uno studente su 3 non ha mai visto il proprio medico di famiglia, che rappresenta il primo “punto di accesso” al SSN. «Il fatto che un giovane su tre non conosca il proprio MMG – commenta Cartabellotta – invita a riflettere sull’attuale modello di passaggio dal pediatra di libera scelta al MMG. Un passaggio esclusivamente “burocratico”, dove non esiste alcuno scambio di informazioni tra chi ha seguito prima il bambino e poi l’adolescente (il pediatra) e chi deve assisterlo dai 14 anni in poi (il MMG). Peraltro in un momento particolarmente delicato come quello della fase adolescenziale».
  • L'equità di accesso ai LEA è garantita allo stesso modo da tutte le regioni? Il 77,3% degli studenti è consapevole dell’esistenza di diseguaglianze di accesso dei cittadini alle prestazioni sanitarie tra le diverse regioni. «Qui – commenta Cartabellotta – è la parte “mezza vuota del bicchiere” a stupire un po’: quasi uno studente su 4 non è consapevole delle diseguaglianze regionali in sanità in termini di accesso ai servizi e alle prestazioni che dovrebbero essere garantite uniformemente su tutto il territorio nazionale».
  • Chi ha ricevuto prescrizione di antibiotici per infezioni delle alte vie respiratorie? Il 45% degli studenti dichiara “più volte”, il 21,5% “una volta”, il 33,5% “mai”. «Seppur con i limiti insiti nella domanda che non definisce un arco temporale – commenta Cartabellotta – emerge un potenziale utilizzo inappropriato degli antibiotici nelle infezioni delle alte vie respiratorie nel campione esaminato, visto che oltre due terzi dichiarano di avere ricevuto una prescrizione almeno una volta».
  • Quali sono i 3 programmi di screening oncologici offerti gratuitamente dal SSN? Solo il 56,9% degli studenti ha individuato correttamente i tumori per i quali sono previsti programmi di screening nazionali inclusi nei LEA, ovvero mammella, cervice uterina, colon-retto. «Se è vero che il campione ha un’età anagrafica ancora lontana dagli screening oncologici – commenta Cartabellotta – queste lacune rivelano che molto può e deve essere fatto a livello di alfabetizzazione sanitaria, al fine di aumentare l’aderenza della popolazione agli unici tre screening oncologici efficaci nel ridurre la mortalità tumore-specifica».
  • Fare screening per diagnosticare un tumore il più precocemente possibile è sempre un vantaggio? Il 56,7% degli studenti risponde erroneamente che è sempre un vantaggio diagnosticare il più precocemente possibile un tumore.  «Purtroppo – commenta Cartabellotta – i messaggi consumistici sulla prevenzione medicalizzata, ovvero che sottoporsi a più test diagnostici riduce la probabilità di ammalarsi, finiscono per determinare un utilizzo inappropriato dei servizi sanitari, oltre che generare spreco di risorse e rischi conseguenti ai fenomeni di sovra-diagnosi e sovra-trattamento».

«I risultati della survey – chiosa Cartabellotta – restituiscono un quadro di luci e ombre. I giovani sono ben consapevoli del valore unico del SSN e delle interazioni tra salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente e, in larga parte, delle diseguaglianze regionali in sanità. Conoscono molto meno gli screening oncologici offerti dal SSN e oltre la metà vive nella convinzione che fare più test di screening per rappresenti sempre e comunque un vantaggio. I dati forniscono poi indicazioni utili rispetto alla potenziale inappropriatezza prescrittiva degli antibiotici nelle infezioni delle alte vie respiratorie e sulle lacune del passaggio di consegne tra pediatra medico di famiglia. In sintesi dimostrano la necessità di trasferire ai giovani sin dall’età scolastica la cultura della prevenzione e della promozione alla salute e gli strumenti per un utilizzo consapevole del Servizio Sanitario Nazionale».

«Per colmare questi gap di conoscenze – conclude Cottafava – vogliamo espandere il programma “La Salute tiene banco” alle scuole di tutto il Paese: per farlo abbiamo lanciato una campagna di crowdfunding, attiva fino al 2 maggio. Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti: insieme possiamo crescere giovani cittadini consapevoli dei loro diritti per tutelare il bene più prezioso che hanno, la salute».

La campagna di crowdfunding a sostegno del progetto è attiva fino al 2 maggio sulla piattaforma GINGER: https://www.ideaginger.it/progetti/la-salute-tiene-banco.html Attenzione: la nostra è una campagna “O tutto o niente!”, se non raggiungeremo l’obiettivo tutte le donazioni verranno restituite

 

 

APPENDICE. RISULTATI ANALITICI DELLA SURVEY CONDOTTA TRA I PARTECIPANTI DEGLI INCONTRI DEL PROGETTO “LA SALUTE TIENE BANCO” (AA.SS. 2022/2023 E 2023/2024)

 

Quali sono i protagonisti della salute?

N.

%

 

Uomini

32

8,0%

 

Uomini e animali

11

2,8%

 

Uomini, animali e ambiente

357

89,2%

 

N. rispondenti: 400

 

È presente in tutto il mondo un modello di Servizio Sanitario Nazionale analogo al nostro?

N.

%

 

No

281

87,5%

 

40

12,5%

 

N. rispondenti: 321

 

A quale livello vengono definiti i principi fondamentali dell’assistenza e i Livelli Essenziali di Assistenza?

N.

%

 

Livello locale

32

9,7%

 

Livello nazionale

259

78,5%

 

Livello regionale

39

11,8%

 

N. rispondenti: 330

 

A quale livello vengono erogati i Livelli Essenziali di Assistenza?

N.

%

 

Livello locale

68

21,7%

 

Livello nazionale

63

20,1%

 

Livello regionale

183

58,3%

 

N. rispondenti: 314

 

A quale livello avvengono la programmazione ed organizzazione dei servizi sanitari?

N.

%

 

Livello locale

94

30,7%

 

Livello nazionale

61

19,9%

 

Livello regionale

151

49,3%

 

N. rispondenti: 306

 

Conoscete il vostro Medico di Medicina Generale?

N.

%

 

No

109

33,7%

 

214

66,3%

 

N. rispondenti: 323

 

L'equità di accesso ai LEA è garantita allo stesso modo da tutte le regioni?

N.

%

 

No

177

77,3%

 

52

22,7%

 

N. rispondenti: 229

 

Chi ha ricevuto prescrizione di antibiotici per infezioni delle alte vie respiratorie?

N.

%

 

Mai

87

33,5%

 

Più volte

117

45,0%

 

Una volta

56

21,5%

 

N. rispondenti: 260

 

Quali sono i 3 screening oncologici offerti gratuitamente nei LEA?

N.

%

 

Mammella, colon-retto e cervice uterina

141

56,9%

 

Mammella, polmone e fegato

36

14,5%

 

Mammella, tiroide e vescica

71

28,6%

 

N. rispondenti: 248

 

Fare screening per diagnosticare un tumore il più precocemente possibile è sempre un vantaggio?

N.

%

 

No

100

43,3%

 

131

56,7%

 

N. rispondenti: 231

 


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